LA SOGLIA ANAEROBICA COS’É E NUOVE FRONTIERE

lattato e acido lattico

Soglia anaerobica – definizioni

Quando si introduce il concetto di soglia è abbastanza intuitivo pensare ad un confine massimale, il limite più alto di un intervallo in cui una volta superato si entra in una zona nuova o diversa. In questo caso la soglia anaerobica rappresenta lo spartiacque in cui, durante uno sforzo fisico e nel nostro caso la corsa, il metabolismo energetico è esclusivamente aerobico ad uno in cui entra in gioco anche il metabolismo anaerobico.

Come vedremo questa non è una definizione esaustiva, ma introduce due aspetti importanti:

  • I metabolismi energetici
  • Il fatto che i metabolismi energetici (aerobico, anaerobico lattacido e anaerobico alattacido) non vengono utilizzati in modo standard, ma “convivono” durante l’attività fisica e la loro “predominanza” è determinata dall’intensità e dalla durata.

La soglia anaerobica lo spartiacque tra bassa e alta intensità

Restando nella definizione della soglia anaerobica, in modo semplificato, potremmo individuare nella soglia anaerobica una zona in cui al di sotto di essa, quindi ad un’intensità bassa o moderata, si possa praticare l’attività fisica per molto tempo e, al di sopra di essa, quindi ad alta intensità, la sensazione di fatica crescerà velocemente e l’attività fisica sarà di breva durata.

Quindi la soglia anaerobica è quel limite a cui al di sotto è possibile gestire per un tempo verosimilmente prolungato la sensazione di fatica e al di sopra la fatica sarà talmente alta da non permettere di continuare l’attività sportiva, se non tornando ad esprimere basse intensità.

Per comprendere ancora meglio cosa è la soglia dobbiamo capire cosa succede nell’organismo durante la prestazione sportiva.

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L’equilibrio del lattato

Nel nostro corpo c’è sempre una minima produzione di lattato (fa parte del ciclo dei meccanismi energetici che permette di muoverci). Durante l’attività sportiva a bassa intensità, utilizzando completamente il meccanismo aerobico, la produzione di lattato aumenta leggermente, ma il suo smaltimento e riutilizzo (in gran parte viene riconvertito per rientrare all’interno del ciclo di produzione dell’energia) è ampiamente in equilibrio con la sua produzione.

Al crescere dell’intensità dell’esercizio la produzione di lattato aumenta fino a raggiungere l’equilibrio con il suo utilizzo e gli scarti delle scorie. La zona di intensità raggiunta in equilibrio corrisponde con la soglia anaerobica. Superata la soglia c’è il punto di rottura dell’equilibrio e l’attività, ora ad alta intensità, non sarà sostenibile,  se non per un breve periodo.

Vedremo più avanti che a limitare l’attività in realtà non è il lattato, anzi!

Perché è importante individuare la soglia

Dalla definizione di soglia è facile comprendere come sia importante conoscerne il valore per definire al meglio le zone di allenamento, anche con la semplice divisione in 3:

  • Bassa intensità
  • In soglia
  • Alta intensità

La soglia anaerobica è uno dei migliori parametri da utilizzare sia per organizzare le sedute di allenamento, sia come fattore limitante stesso da allenare. Chiaramente più si avrà un valore preciso di soglia più sarà utile dividere le intensità più zone di allenamento (da 4 a 7).

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Come individuare la soglia anaerobica

Per individuare la soglia il miglior metodo è con test in laboratorio. Convenzionalmente la soglia è individuata ad una concentrazione ematica di 4 mmol/litro, ma in realtà ogni atleta individua un valore personale.

Oggi i moderni sport watch con fascia cardio ci aiutano a stimare la soglia. Altri metodi di rilevazione stimata della soglia sono alcuni test da campo (esempio Conconi o test massimali), oppure è possibile stimare l’andatura alla soglia con il passo medio in una gara di circa un’ora di sforzo o di 10 km.

Non è importante individuare un valore esatto di soglia per il runner amatoriale, ma avere una buona stima è molto per individuare le zone di allenamento ed allenarsi al meglio.

Il lattato non è nemico dell’atleta ?

Tradizionalmente si parla di l’acido lattico, ma in realtà nell’organismo troviamo solitamente la forma scomposta in lattato e e ione Idrogeno. In passato si parlava di acido lattico come causa della fatica e dei dolori successivi ad un’attività fisica intensa. Oggi sappiamo che i dolori dei giorni successivi non sono causati dell’acido lattico, ma si tratta di DOMS (leggi l’articolo) 

Più che l’accumulo di lattato a limitare l’attività fisica è l’accumulo dei relativi ioni idrogeno, che induce incapacità a continuare con l’attività sportiva. Inoltre nuove ricerche sembrano mettere il lattato al centro della produzione di energia, più che come fattore inibitorio all’attività fisica.

Soglia anaerobica e lattato nuove frontiere

C’è ancora molto da scoprire e studiare sulla soglia anaerobica (c’è chi anche chi afferma che non essa esista). George Brooks (Università di Berkley) afferma che tutto quello che è stato detto su lattato e acido lattico nel ‘900 sia da rivedere. L’acido lattico, afferma Brooks, non  è più da considerare come fattore limitante della prestazione, ma come protagonista dei sistemi energetici.

Il professore americano ha scoperto (introducendo il concetto di navetta del lattato), con i suoi studi, che durante il riposo il lattato viene smaltito grazie all’ossidazione, ma che durante l’attività fisica sia protagonista nella produzione di energia, grazie al fatto che il lattato venga utilizzato dai mitocondri per produrre la molecola di energia ATP fondamentali per le fibre muscolari.

“Allenare il lattato”

Le idee di Brooks dovrebbero farci pensare al lattato come un vero alleato e la possibilità di allenare l’organismo a riutilizzarlo al massimo e ridurne l’accumulo.

Come?

  • Con allenamenti ad altissima intensità che “insegnino” i mitocondri ad ottimizzare l’utilizzo del lattato. Le fibre muscolari glicolitiche restituiscono lattato che viene riutilizzato dalle fibre rosse come fonte energetica.
  • Allenamenti a bassa e bassissima intensità che sviluppino un’alta densità mitocondriale.
  • Allenamenti alla soglia o poco sopra  per lavorare sui limiti dei risultato ricercati, migliorando la soglia stessa.

Niente di diverso da ciò che abbiamo sempre fatto, il punto è quando, quanto e come farlo.

Ci sarà ancora molto da dire e da scoprire sulla soglia anaerobica e sul lattato nei prossimi anni. Ciò che conta oggi per il runner che si allena è che la soglia rappresenta quella zona in cui si divide bassa e alta intensità, ma anche la zona in cui allenare la capacità di restare per più tempo nella zona stessa.

Qualsiasi distanza allenata, lavorando sulla soglia nel modo corretto porterà risultati. Senza dubbio le teorie di Brooks potrebbero implicare delle modifiche negli allenamenti, in funzione dell’atleta e degli obiettivi, ma sia nel vecchio modello che nel nuovo la soglia e il lattato sembrano essere un fattore limitante della prestazione:

Nel vecchio concetto il lattato come prodotto da scartare, nel nuovo come prodotto da imparare ad utilizzare al meglio, in entrambi casi ottenendo un miglioramento della soglia anaerobica.

 

Simone Cellini

Creatore di Runner 451, allenatore running, laureato in Scienze motorie, laureato magistrale in scienze politiche – sociologia, Master EMBA, preparatore atletico

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