IL PAESE DELLE DUE RUOTE CHE NON C’É PIÚ

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Il paese che si dava una mano

Eravamo il paese che sognava che il giro di Italia passasse nella propria piazza, sotto il proprio campanile. Eravamo il paese dove si stava incollati con l’orecchio alla radio per ascoltare le geste eroiche di Girardengo, Coppi, Bartali, Magni, e di tanti altri. Il paese del capolavoro “Ladri di Biciclette”, dove le due ruote significavano poter andare a lavorare, dove era un simbolo di dignità, di “ce la possiamo fare” in un’Italia che ripartiva subito dopo la guerra.
Eravamo il paese delle domeniche in bicicletta per la crisi petrolifera degli anni 70, dove ci si ritrovava in piazza tutti insieme.
Eravamo il paese che salutava tanti cari in cerca di fortuna all’estero, il paese dove ci si aiutava e rispettava, dove essere italiani ci teneva uniti.
Oggi che paese siamo? Siamo il paese dove la bicicletta è uno sport, amato da chi lo fa, odiato da chi incontra chi lo fa. Dove esci per divertirti e rischi di non tornare. Per colpa di chi? Di tutti, dell’incapacità di non saper rispettare gli altri, sia che per chi sta sulle quattro ruote, ma anche di quella che viaggiano sulle due ruote, troppo poco prudenti. Una volta si salutavano i ciclisti che si incontravano, oggi ci si manda a quel paese, si suona il clacson e ci si augura le peggio cose. Eravamo il paese in cui si cercavano gli eroi, oggi siamo il paese della caccia alle streghe, sempre pronti a puntare il dito sugli altri, dove la fiducia è a zero. Sempre incazzati, sempre di fretta, non siamo mai contenti, corriamo, corriamo per stare fermi. Non vediamo l’ora di lamentarci e beccare qualcuno in fallo. Ci sentiamo fenomeni se becchiamo l’errore e mi raccomando, condividete, condividete, condividete, tutti devono sapere. Ma perchè?
Il paese che sognava, il paese in cui due avversari come Coppi e Bartali si passavano la borraccia in un momento in cui la sfida era al culmine. Oggi invece siamo il paese in cui se ci sfiorano cadiamo in area urlando come se ci avessero strappato le dita dei piedi. Il paese in cui vivere una passione è quasi una colpa e a volte diventa fatale.
Per colpa di chi? Sembra sempre colpa degli altri, ma la colpa è solo nostra, perchè, per quanto banale, il paese siamo noi.
Ma non è mai troppo tardi, come diceva Giobbe Covatta, Basta poco che ce vo’?
Runner451

Simone Cellini

Creatore di Runner 451, allenatore running, laureato in Scienze motorie, laureato magistrale in scienze politiche – sociologia, Master EMBA, preparatore atletico

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