L’ULTIMO KM

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L’ultimo km della tua corsa

Questo post ha lo stesso titolo dell’ultimo capitolo del mio libro, il Manuale D.O.C. Deviato Ottusamente per la Corsa. Nel libro è l’ultimo km di 34, trascorsi lungo 190 pagine.
Qui racconto cosa rappresenta l’ultimo km per chi corre. Domenica terminata la gara di 10 km (nella foto l’arrivo), sono rimasto ad aspettare i runner che alleno che correvano la mezza maratona e la maratona di Ravenna. Teso ed emozionato, perché quando condividi con qualcuno per mesi il suo percorso, lo fai anche tuo e ad ogni loro arrivo mi sembra sempredi tagliare nuovamente il traguardo. Nell’attesa ho osservato tanti arrivi e mi sono immaginato l’ultimo km di corsa dei runner che arrivavano nel traguardo.

Striscio ma arrivo

C’è chi arriva mani al cielo, non corre, salta. Passo irregolare, il suo ultimo km è arrivato dopo che quelli prima sono stati molto più faticosi, quando ancora mancava tanto al traguardo ha avuto paura di non tagliarlo, le gambe si sono indurite, pensa a cosa ha sbagliato e pensa come potrà fare ancora tutti quei km che lo separano dall’arrivo. Cammina un po’, lo superano da destra e sinistra, runner affaticati, ma che erano dietro e ora sono davanti. Loro arriveranno, io no, pensa. Respira, allunga, respira, piegato. Riparte, 38, 39 cammina, perché l’orologio dice 40 e il cartello dei 40 non lo vede. Eccolo 40, ma il mio segna 40.6. <<Striscio ma arrivo, cazzo, striscio ma arrivo!>>
Riparte, il cartello dei 41, manca solo 1 km. Quante volte l’ho fatto 1 km e 195 metri. Pensa a quella casa rossa, che corrisponde ad un 1 km da casa sua nel suo solito percorso di allenamento. <<Quante volte l’ho fatto>>. Vede lontano il gonfiabile, l’arco di arrivo. <<Ora spingo, non posso arrivare così, me lo merito>> Più che pensarlo è un istinto, al traguardo ci si arriva bene, come la domenica a pranzo ci si veste bene. Corsa scomposta, crede di avere una falcata ampia, ma è tutto tranne che una corsa, ma è bellissimo, mani al cielo, salta, striscia, ma arriva.

Solo un altro traguardo ?

C’è chi arriva silenzioso, al ritmo costante che ha avuto per tutta la gara. Taglia il traguardo come se ci fossero degli altri km da fare, rallenta con tranquillità, ma solo perché lo fermano per la medaglia. Nell’ultimo km sta già pensando al prossimo allenamento, alla prossima iscrizione, collezionatore di traguardi. Non è che non si emoziona, è un vero innamorato della corsa, ha bisogno di averla sempre vicina, è sempre emozionato. Corridore instancabile, esempio per tanti.

Le lacrime quelle vere

Chi nelle settimane precedenti ha sognato tante volte quell’ultimo km e probabilmente dopo il traguardo non lo ricorda nemmeno più perché l’emozione è stata troppo forte e negli ultimi metri sente gli occhi gonfiarsi, il respiro mancare, il calore salire lungo il viso. Piange, ma piange davvero. Non sa cosa fare, girovaga nello spazio pochi metri dopo l’arrivo, mani nei fianchi che poi le usa per nascondere la faccia e piange tantissimo. Si sente strano, perché non piange mai, ma qui crolla. Nelle settimane si ricorderà sempre più particolari della gara, ma intanto piange e non finisce più.
In questi casi è bello vedere la faccia di qualche volontario che lavora all’arrivo. Chi è abituato a correre sorride con affetto, chi invece non conosce la sensazione è completamente stordito.

Corriamo insieme

Chi la fa tutta insieme. Chi la fa insieme perché lo ha programmato, chi la fa insieme perché uno tira l’altro, l’accompagna. Chi la fa insieme perché il destino della gara ha voluto così. Chi accompagna lascia il passo al traguardo al protagonista della storia, chi la fa insieme sta attento a non superare l’arrivo nemmeno un centimetro prima dell’altro. Poi empatia totale. Abbracci, baci, se uno piange l’altro piange e si emoziona ancora di più.

Ho chiesto troppo

Sì la corsa è magica, realizza dei sogni, aiuta a crescere, perché ad ogni età abbiamo sempre bisogno di crescere. Fa parte della crescita anche l’errore, anzi è spesso l’elemento che ti fa maturare di più. Chi ha chiesto troppo e arriva stremato, chi si sente male, chi non arriva. Ho chiesto troppo oggi, ho fatto poco prima, tutte due. Importante è capire cosa non ha funzionato, tenendo nel sottofondo sempre una cosa importante: il divertimento.

Chi non arriva

Chi non arriva e lo ammette candidamente, perché è consapevole di aver fatto una scelta saggia. Il traguardo ad ogni costo non è sempre la scelta migliore, soprattutto se si capisce che le conseguenze saranno importanti. Questo vale quasi sempre, a meno che uno consapevolmente decida di arrivare comunque al traguardo, perché l’arrivo ha un significato, in quel caso, molto più grande.
Chi non arriva e si defila, scompare, gli amici si preoccupano. Lo vive come un’onta , ma non lo è. La sconfitta, ammesso che lo sia, è parte sana e integrante dello sport, quando si impara questo non si perde più.
Tranquillo ci sono tanti ultimi km che ti aspettano.

Lo sprint

Nella foto di questo articolo stavo sprintando. Una gara senza classifica, non certo per superare il ragazzo dietro, ma per superare la mia ombra. Chi sprinta solitamente si nutre dello stimolo finale, ha bisogno di sentire le gambe che volano, spesso (come nella foto) non lo fa in modo elegante, perché butta il cuore oltre l’ostacolo.
C’è chi sprinta per battere l’amico, c’è chi si crea un “avversario immaginario” pensa che qualcuno lo abbia sfidato per tutta la gara e lo sorpassa nel finale, quando l’altro non si è accorto di nulla, ma l’avversario immaginario è utile per battere se stessi. Ci sono le sfide che nascono in gara, così senza un perché e finiscono con un grazie al traguardo. Ci sono le sfide che durano anno, di domenica in domenica.
Lo sprint è il modo più bello e se non hai nessuno da sorpassare allora ci metti la fantasia: apri le braccia e tagli planando come un aereo, fai lo slalom, prendi una bandiera o una maglietta da sventolare.

C’è chi la famiglia

Chi cerca marito, moglie, fidanzato o fidanzata da baciare. Chi prende i figli in braccio, chi prende i figli e sprinta con loro. Chi pensa durante l”ultimo km, “speriamo di trovarli”. Vale più di 100 mila personal best. Già la famiglia che magari sta 6 ore (2 ore prima della gara più la gara stessa) ad aspettare. La famiglia, gli amori, che si plasmano sull’agenda degli allenamenti e viceversa. La corsa l’amore nell’amore.

C’è chi sogna

Chi quell’ultimo km lo sogna, perché sarà la prima volta. I primi 10, la prima mezza, la prima Maratona o i primi (e gli ultimi?) 100 km. L’ultra trail, come la prima ora di corsa. Chi sogna, chi ha anche gli incubi. Cosa succederà dopo il traguardo, cosa sentirai quel giorno, come lo vivrai? Quando realizzerai cosa hai fatto? E se non ce la farai?
Lo sogni, lo pensi, alimenti l’ansia, ma l’ansia quella bella, quella del “cosa mi avranno regalato per Natale” da bambino (e anche no).

L’ultimo km

Ci sono milioni di ultimi km, si potrebbe raggiungere il sole con gli ultimi km corsi. Tutto si muove intorno all’ultimo km, ogni giorno un runner si alza e si comporta per avere l’emozione sincera del traguardo, comunque sarà, sarà un ultimo km bellissimo. L’ultimo km che è sempre il km prima del prossimo km.
Simone
Runner 451
#Runnerconsapevoliefelici

Simone Cellini

Creatore di Runner 451, allenatore running, laureato in Scienze motorie, laureato magistrale in scienze politiche – sociologia, Master EMBA, preparatore atletico

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